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Molti reduci garibaldini, tornati nelle terre d’origine dopo le estenuanti ed eroiche campagne condotte a fianco di Giuseppe Garibaldi, condussero il resto della loro vita con dignità e coerenza a quegli ideali repubblicani e democratici che li avevano animati fin dal primo fermento  risorgimentale.  Spesso poveri, non si integrarono facilmente con il regime monarchico unitario, restando fedeli fino in fondo al pensiero di Mazzini e all’azione liberatrice di Garibaldi.

Nelle pagine seguenti entriamo nella vita di uno di questi “dimenticati” patrioti italiani, Enrico Mattia Zuzzi (1838-1921), con un documento inedito: le memorie di un volontario della Grande Guerra, che lo conobbe da bambino, quando il Zuzzi era ormai vecchio. E’ un dialogo semplice ma intenso tra due generazioni; due generazioni che hanno portato, in nuce, il seme della libertà.

http://www.albodoroitalia.it/reg/fvg/udine/com/codroipo/page4.html

 

Il garibaldino Enrico Mattia Zuzzi

Dalle memorie di Umberto Macoratti  (1898-1966)

A Codroipo viveva il dott. Enrico Mattia Zuzzi, il medico dei poveri, che prestava a tutti, gratuito, il suo ministero sanitario; a lui si rivolgevano coloro che non potevano pagare le visite e i medicinali, compresa mia madre. I poveri dicevano un gran bene di lui, però…

“Peccato che non vada mai in chiesa…”

“Perchè, mamma?”

“E’ un garibaldino dei Mille”

Era un solitario: lo vedevo tutti i giorni dirigersi verso la campagna col suo cane. Desideravo tanto parlargli. Un pomeriggio finalmente lo fermai:

“Signor dottore, le dispiace se l’accompagno nella sua passeggiata?”

“Chi sei?”

“Sono un figlio di Colomba”

Divenimmo amici, ma da quel giorno smisi di fare il chierichetto. Modestissimo, non parlava mai di sé, né si vantava di quanto faceva, ripugnandogli di mettersi in evidenza. Sebbene povero, non chiese né ebbe mai nulla da nessuno. Dopo lunga meditazione, io gli rivolgevo le domande a bruciapelo, come fanno i bambini curiosi, e la mia curiosità, a volte, lo metteva di buon umore. Così seppi che aveva combattuto a Calatafimi, a Palermo, a Milazzo. Ricordava che i mercenari Bavaresi fatti prigionieri furono tutti scaraventati giù dal ponte di Maddaloni. Nei Mille faceva parte della VII compagnia comandata da Benedetto Cairoli. A Quarto, la sera del 5 Maggio prima di imbarcarsi, l’eroica madre friulana Fanny Luzzatto gli aveva affidato il figlio diciassettenne Riccardo, dopo aver impartito ad entrambi la materna benedizione. Era stato anche presente all’incontro, fra Teano e Sessa, di Garibaldi e di Vittorio, e ricordava l’incidente tra un maggiore garibaldino romagnolo, mutilato di una gamba e a cavallo, e un ufficiale del seguito reale. Egli narrava tutti questi avvenimenti con estrema semplicità e assoluta modestia. Però non era come Pre’ Antoni (ndr: Padre Antonio Snaidero, Parroco di Gradiscutta di Varmo) che si scagliava contro i ricchi a favore dei poveri; anzi, biasimava uomini di fama gloriosa come Turati ed altri socialisti, ritenendoli degli antinazionali. Era un mazziniano, un patriota ardente e temerario. […..] . Mi sembrava persino impossibile che quell’uomo così modesto avesse avuto tanto coraggio. Quando, nel 1864, sfidando il capestro, ritornò segretamente nella sua terra per organizzare insieme a Titta Cella un’insurrezione armata in Friuli, Mazzini gli scrisse una lunga lettera di incoraggiamento, e Garibaldi gli inviò istruzioni per la costituzione di una Legione Friulana, che doveva proteggere uno sbarco di Garibaldi a Marano Lagunare. Ora quel vecchietto, che aveva combattuto le battaglie a fianco dell’Eroe dei due mondi, da Marsala a Teano, dal Trentino a Mentana, camminava silenzioso per i sentieri solitari della campagna, in compagnia di un cane da caccia e di un monello qualunque. Per non annoiarlo giocavo con il suo cane prediletto, aspettando che si presentasse l’opportunità di rivolgergli una domanda che mi stava tanto a cuore

“Dottore, perché lei non va mai in chiesa?”

 Mi parve contrariato, per dover dare spiegazioni a un ragazzo scalzo e straccione; ma alla fine sorrise:

“Non c’è bisogno. Io prego nella mia camera; prego ogni momento…prego anche adesso che parlo con te. Il tempio di Dio è l’universo. Dio è nella coscienza degli uomini”.

“Ma allora non ci sarebbe bisogno delle chiese?”

“Certo, non ce n’è bisogno…”

“E la religione chi la insegnerebbe?”

“La religione che insegnano i preti non è quella di Cristo; essa serve per mantenere la moltitudine nell’ignoranza e nella superstizione…”

Ebbi paura.

“ Ma Pre’ Antoni non predica questo !”

“ Si può fare del bene anche senza essere preti. Però vale più Pre’ Antoni che mille preti messi insieme.” [….]

Dottor Mattia Enrico Zuzzi: poeta, medico e “Garibaldino”.

Visto attraverso gli occhi del trisnipote Capitano Mattia Zuzzi.

Il giorno 16 marzo si è svolta, presso la biblioteca del Comune di Codroipo (UD), una conferenza sui garibaldini friulani, tenuta dal prof. Folisi ed alla quale è intervenuto, con una relazione specifica, il dottor Filippo Maria Zuzzi, fratello del Capitano Mattia Zuzzi e assieme a lui tris-nipote diretto del dottor Mattia Enrico Zuzzi, eroe dei Mille di Garibaldi. L’iniziativa è avvenuta nel contesto dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia ed ha visto presenti autorità politiche e militari della zona del Medio Friuli.

Il dottor Mattia Enrico Zuzzi nacque a Codroipo (Udine) nel 1838, primo di quattro fratelli che parteciparono alle Guerre di Indipendenza a vario titolo. Mattia era figlio di Enrico Domenico, notaio della cittadina del Medio Friuli e membro attivo della Carboneria, poi divenuto Deputato della IX e X legislatura.. Dopo gli studi classici a Udine, Mattia si spostò a Pavia per studiare medicina nella locale università. Qui si unì da subito ai gruppi di patrioti intellettuali, al tempo stesso conservando il piacere di tradurre in versi, anche in latino, le numerose ispirazioni che la Musa gli offriva. A Pavia Mattia Zuzzi rafforzò gli ideali di una Patria Italiana unita ed indipendente, seguendo il pensiero mazziniano repubblicano. Nelle guerre di Indipendenza fece parte di numerosissime compagini che presero parte alle ostilità: fu in Trentino nel 1866 ed a Mentana nel 1867. Garibaldi e Mazzini gli offrirono anche il Comando e la pianificazione di assalti che avrebbero dovuto avere come obiettivo fortezze austriache nel Friuli costiero e orientale, incoraggiandolo in prima persona durante incontri privati, dato il momento politico favorevole. Ma il momento più alto del suo impegno di Combattente, pur senza aver mai portato una uniforme istituzionale, è la partecipazione all’impresa del Mille. Partito da Quarto, partecipò a tutta l’operazione, fu ferito a Milazzo e successivamente riprese i combattimenti sul Volturno. Scrisse in versi l’epopea “La leggenda dei Mille. Da Quarto a Calatafimi”. Fu inoltre presente allo storico incontro tra Garibaldi ed il Re Vittorio Emanuele II in Teano (CE). Dopo la spedizione esercitò la professione di medico nel Bergamasco e, una volta liberata la sua terra natale dalla dominazione Asburgica, in Friuli. Era infatti stato dichiarato ricercato all’interno dell’Impero Austro-Ungarico. 50 anni dopo l’epopea dei Mille, ripercorse con gli altri garibaldini rimasti in vita la navigazione ed il movimento svolto tra il 1859 ed il 1860. Allo scoppio della I Guerra Mondiale, benché ottuagenario, chiese di essere arruolato volontariamente come Ufficiale medico, ricevendo un rifiuto. Ciononostante, dopo la disfatta di Caporetto ed a seguito della Battaglia del Piave, prestò volontariamente soccorso ai soldati italiani feriti, ed a quelli austriaci più gravi. Colpito da broncopolmonite nel 1918, a causa delle sue frequenti visite ai soldati feriti nel clima freddo della pianura friulana, non si riprese più, nonostante la fortissima fibra. Morì nel 1921, dopo una vita di sacrifici a servizio della Patria. Fu un uomo talmente virtuoso ed umile, da rifiutare sempre la pubblica arena ed i relativi onori della ribalta.

Lo storico del Risorgimento Germano Bevilacqua, citando espressamente i quattro fratelli Zuzzi, Mattia, Costanzo, Leonardo e Giacomo, scrisse in uno dei suoi libri: “nessun monumento né ringraziamento saranno mai abbastanza grandi e sentiti per onorare quanto la famiglia Zuzzi ha fatto per l’Indipendenza e l’Unità d’Italia”.

Capitano Mattia Zuzzi

 

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Arch. Paolo Macoratti

Presidente Associazione Garibaldini per l’Italia