Articoli marcati con tag ‘berlusconismo’

Riportiamo due articoli di prima pagina del Fatto Quotidiano del 01/12/2013, a firma di Paolo Floris D’Arcais e Marco Travaglio, che esprimono con efficacia il forte disagio politico e culturale ancora presente nella società italiana malgrado  l’apparente fine, con l’espulsione  di Berlusconi  dal Senato della Repubblica, di una stagione torbida e decadente.  

LE MACERIE SOTTO IL COLLE

A cosa è servita la catafratta pervicacia di Giorgio Napolitano nell’imporre all’Italia in macerie le larghe intese? A nulla. Ad avere un governicchio che al Senato si regge sullo sputo di qualche voto, un monocolore Pd più pochi spiccioli iversamente erlusconiani, sulla cui qualità stendere un pietoso velo (Fabrizio “P2” Cicchitto, l’indagato per mafia Schifani, la setta Cl con Formigoni in testa …), monocolore al quale il prossimo segretario del Pd riserva ogni giorno il suo disgusto, mentre ingiustizia e iseguaglianza vanno al diapason, l’efficienza sotto i tombini, corruzione e familismo amorale banchettano più suntuosamente di Trimalcione. Pur di arrivare a questo esaltante risultato Napolitano ha ignorato il verdetto elettorale, che chiedeva a squarciagola la fine del berlusconismo mettendo per sovrammercato all’ordine del giorno la rottamazione della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza. Pur di precipitare l’Italia in questa morta gora Napolitano ha spacciato la leggenda di un Berlusconi partner del gioco democratico, quando anche i sassi sanno (e Fedele Confalonieri dixit, già un ventennio fa) che la sua “discesa” in politica era un modo per aggirare la galera e conservarsi l’indebito bottino massmediatico monopolistico accumulato grazie alle mene contra legem del suo sodale Craxi.

Berlusconi non poteva essere il Chirac italiano, poiché è sempre stato il Le Pen di Arcore o l’aspirante Putin della Brianza, un odiatore strutturale della democrazia liberale con la sua “balance of power” e soprattutto l’autonomia del potere giudiziario, tanto più nella versione italiana con la sua Costituzione “giustizia e libertà”. Il governicchio Lettalfano, di cui Napolitano è l’onnipotente Lord protettore, non farà altro, perciò, che ammassare altre macerie, materiali e morali, su quelle cui vent’anni di Berlusconi e di dalemiano inciucio hanno ridotto l’Italia. Mentre l’unica via per rinascere consiste in una monumentale redistribuzione delle ricchezze, che per il rilancio dell’economia applichi la ricetta del nuovo sindaco di New York, togliere ai ricchi per dare ai poveri, coniugata con un’autentica rivoluzione della legalità, che restituisca ai cittadini un barlume di speranza nella eguale dignità di ciascuno e nella liberazione dai Mackie Messer grandi e piccoli che a legioni spolpano e avviliscono il paese. Continueranno invece ad applicare la ricetta del sindaco di Londra, che predica “avidità e diseguaglianza” esaltando Gordon Gekko

Paolo Floris D’Arcais.

GLI APOTI

Ogni tanto qualche impiegato o ex impiegato di Berlusconi – tipo Pigi Battista, che andò a vicedirigere Panorama quando l’editore era già un leader politico e poi tentò di sostituire l’epurato Enzo Biagi su Rai1 con i risultati a tutti noti –
annuncia la fine del berlusconismo, e dunque dell’antiberlusconismo, e dunque del Fatto. Questi buontemponi passano la vita a incensare i governi, non importa il colore, e a bastonare le opposizioni senza accorgersi che la stampa libera fa esattamente l’opposto. Dunque pensano che un giornale libero possa nascere al solo scopo di combattere B. e debba morire con B. Il Fatto , come i nostri lettori ben sanno, è sorto con una missione un po’ più ambiziosa: dare le notizie che gli altri non danno. E gli altri, seguitando a non darle, lavorano per noi, del che li ringraziamo di cuore. Ora, per esempio, dopo aver molto laudato le larghe intese dei governi Monti e Letta con B., si dannano l’anima a magnificare il governo Letta senza B.. E a bastonare B. non perchè è B., ma perché non sta più al governo. L’impresa è titanica ma, siccome affratella il 99 per cento della cosiddetta informazione, rischia persino di riuscire.

Noi rappresentiamo quell’1 per cento di Apoti che non la bevono. Il berlusconismo è un male in sé, con Berlusconi, ma anche senza. Anzi, il berlusconismo senza Berlusconi è ancor più insidioso, perché si camuffa meglio, e si fa scudo del resunto merito di aver allontanato Berlusconi. In realtà Berlusconi non l’ha allontanato nessuno: se n’è andato lui quando ha capito che chi gli aveva garantito l’unica cosa che gli interessi, il salvacondotto, non voleva o non poteva mantenere la promessa. Ed è pronto a tornare per darselo da solo, il salvacondotto, se l’ennesimo governo delle tasse e delle banche lo resusciterà dall’avello: Monti docet.

Il berlusconismo è illegalità sbandierata e rivendicata, allergia alla Costituzione e ai poteri di controllo, guerra alla giustizia, conflitto d’interessi, commistione tra affari e politica. Possiamo dire che questo micidiale cocktail di cinque ingredienti il governo Napo-Letta è immune dopo la decadenza di Berlusconi e la sua uscita dalla maggioranza?

1) Illegalità sbandierata: da sette mesi Vincenzo De Luca (Pd renziano) siede abusivamente sulla doppia poltrona di sindaco di Salerno e viceministro delle Infrastrutture, senza contare che ha tanti processi quanti B., e nessuno l’ha sloggiato fino all’intervento dell’Antitrust; ma forse non basterà e bisognerà chiamare Gondrand.

2) Allergia alla Costituzione e ai poteri di controllo: la maggioranza Napo-Letta sta scardinando l’articolo 138 della Carta per poterne scassinare l’intera seconda parte e rafforzare vieppiù il governo a scapito del Parlamento (già da anni ridotto a ente inutile a colpi di decreti e fiducie), e ora insegue B. per ricomprarsi i suoi voti e impedire ai cittadini di votare al referendum finale.

3) Guerra alla giustizia: sull’altare della controriforma costituzionale, i pd Violante e Speranza e gli ncd Alfano, Cicchitto e Lupi vogliono mettere il guinzaglio alla magistratura e il bavaglio alla stampa per reimbarcare Forza Italia e ampliare gli spazi d’impunità dei soliti noti.

4) Conflitto d’interessi: a regolare la materia sono ancora le leggi Gasparri e Frattini, scritte dai prestanome di B., e nessuno parla o pensa di spazzarle via.

5) Commistione affari-politica: dalle fondazioni bancarie alle Asl, da Expo2015 alle aziende municipalizzate alle partecipate dallo Stato, Rai inclusa, i partiti gestiscono direttamente enormi affari; persino la legge-brodino sui fondi ai partiti, annunciata sei mesi fa da Letta jr., è scomparsa dai radar.

Su questi temi cruciali, non sul teatrino delle alleanze & decadenze, si misura il tasso di berlusconismo. Al momento, in Parlamento, solo i 5Stelle ne sono immuni. Il Nuovo Centrodestra è uguale al vecchio. E così il Quirinale e Letta jr., sponsor di Alfano & C. Tra una settimana sapremo se lo è anche il Pd di Matteo Renzi, o se magari cambia qualcosa.  

Marco Travaglio

Ormai non facciamo più attenzione al degrado urbano delle periferie e semi-periferie delle nostre città che, a partire dal dopoguerra, hanno mortificato lo spirito e condizionato pesantemente i comportamenti di milioni di cittadini Italiani. La ricostruzione morale e fisica dell’Italia è stata affidata, dal 1946,  ad un branco di lupi famelici che , approfittando del disastro in cui il fascismo  aveva trascinato un Popolo ancora in formazione, destinandolo ad un epilogo di fame, morte e distruzione, hanno sconvolto a suon di mazzette e favori le regole urbanistiche ed edilizie, che erano e sono ancora oggi di fondamentale importanza per l’assetto del territorio e la convivenza civile della popolazione. E’ sufficiente fare una passeggiata per questi caotici agglomerati e osservare il paesaggio che si muove intorno a noi: una realtà fatta di edifici soffocati dalla loro stessa ingombrante presenza, uno vicino all’altro, senza aria, senza marciapiedi adeguati, senza parcheggi, senza piazze; ovunque caos e alienazione per chi ci vive, e oppressione per chi ci passa. Eppure le Leggi ci sono  (anche troppe in verità), ma non vengono applicate per la presenza costante di quei lupi famelici cui accennavamo precedentemente; più propriamente per la presenza dei discendenti di quei lupi famelici, cui si sono aggiunti, nel frattempo, ulteriori branchi di volpi astutissime: così nell’edilizia, così nella politica.

L’Italia è, oggi, letteralmente a pezzi! Prescindendo dalla grave crisi economica che comunque ci costringe a scelte di campo per far fronte alle priorità, ci troviamo nel bel mezzo di una svolta storica: la caduta di Berlusconi e del berlusconismo e il declino della cosiddetta seconda Repubblica. E’ questione di poco tempo e l’Italia dovrà tornare a “ricostruirsi”; ma su quali basi? E’ necessario che la nostra democrazia sia rifondata su due pilastri: l’attuazione costante della Costituzione repubblicana, in questi giorni in pericolo per i tentativi delle “volpi astutissime” di cambiarla, innescando così svolte autoritarie, e la formazione delle nuove generazioni intorno a saldi princìpi morali e civili. Nel primo caso occorre la vigilanza e la partecipazione alle vicende politiche e sociali del Paese di tutti quei Cittadini, e purtroppo non sono molti, che si ritengano coscienti del loro ruolo attivo nella Società, e determinati a farla progredire per il bene  ogni suo componente,  qualunque sia la sua condizione socio-culturale e la religione di appartenenza. Nel secondo caso occorre investire sulla Scuola Pubblica, proiettandola in una nuova stagione in cui siano predominanti i riferimenti culturali e storici che hanno determinato l’ordinamento repubblicano scaturito dal Risorgimento e dalla Resistenza. Una scuola il cui fine sia quello di formare il futuro cittadino all’osservanza delle leggi, al rispetto degli altri e di sè stesso, educandolo alla vita collettiva e comunitaria.

Il tempo dell’inerzia è finito! Dobbiamo ricostruire il nostro Paese.

p.m.