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L’INFLUENZA RUSSA SULLE ELEZIONI PRESIDENZIALI FRANCESI

di Giuseppe Maggio

       Marine piaceva fuori dalla UE: piaceva a est e a ovest della UE, piaceva a un biondo Presidente americano e a un biondo (un po’ pelato) Presidente russo e non ucraino. “Peccato” che i francesi, che sono invece membri della UE, abbiano scelto un candidato che risponde maggiormente alle loro tradizioni, ai loro interessi, alla loro collocazione internazionale, alla loro opzione di lungo respiro all’interno dell’Unione europea. Una scelta, quella francese, che non risponde alle preferenze di potenti partner con orientamenti nazionalistici, protezionistici, affaristici, che avrebbero maggiori libertà e possibilità di movimento con un’Unione europea debole, divisa ed ininfluente.

Un’Europa unita, democratica, civile, modello di tutela dei diritti umani, forte della sua identità e della sua influenza economica, non risulta gradita a populisti, oligarchi, nazionalisti vari sparsi per il mondo. Chi fonda il suo potere sulla leadership personale, sulla capacità di attrarre la fiducia delle masse assecondandone le paure e promettendo facili e rapidi risultati, pur se magari limitando le libertà fondamentali e i diritti individuali, non ama le conquiste di libertà e democrazia del nostro continente. E così la nostra Europa unita deve difendersi – oltre che dagli scetticismi interni, dalle difficoltà economiche e sociali, dalle sempre presenti tentazioni nazionalistiche, dalle leadership politiche miopi e affaristiche – anche da nemici esterni, che preferiscono, possibilmente, avere a che fare con Paesi europei divisi tra loro, più controllabili ed eventualmente più accomodanti sul piano delle garanzie democratiche e dei diritti umani. Più facile trattare tra leader sovranisti, scambiarsi idee e favori, accordarsi a quattrocchi in segrete stanze, senza dovere dare troppo conto ai cittadini a causa del controllo della libera stampa e magari di una forte opposizione politica, piuttosto che avere a che fare con un’unione di Paesi democratici forti delle loro tradizioni e convinzioni liberali, solidali e democratiche.

Questa in effetti la scelta, dichiarata o sottaciuta, palese o implicita, formale o sostanziale, delle leadership dei grandi attori della politica internazionale più 15 attenti e interessati all’Europa, gli Stati Uniti da un lato, la Federazione russa dall’altro, in occasione delle recenti elezioni presidenziali francesi. Meno evidente forse l’orientamento del neoeletto Presidente americano, certo vicino nello stile e nelle idee alla candidata del Fronte nazionale Marine le Pen, ma poco intenzionato ad ingerirsi nelle elezioni francesi anche per la sua posizione formalmente neoisolazionista; più sbilanciato e probabilmente interessato alla vittoria della medesima candidata il Presidente di ben più lungo corso della Federazione russa.

Pur in mancanza di un vero e proprio “endorsement” russo a favore di Marine Le Pen, infatti, l’incontro con il Presidente Putin nel corso di una visita ufficiale in Russia poco più di un mese prima dello svolgimento del primo turno delle elezioni presidenziali francesi, aveva sancito l’ampia coincidenza di vedute, la reciproca stima e l’impegno alla collaborazione, con utili prospettive future, ad esempio relativamente al superamento delle sanzioni europee nei confronti della Russia, a causa del suo intervento militare in Crimea e nella regione ucraina del Donbass. Non risulta peraltro che la Le Pen, nel corso del suo incontro con il Presidente Putin, abbia sollevato obiezioni rispetto all’impiego delle truppe russe a sostegno della modifica dei confini orientali dell’Ucraina, o rispetto alle frequenti incarcerazioni di giornalisti ed oppositori politici russi, avendo anzi dichiarato che, in caso di sua elezione, si sarebbe impegnata per eliminare le sanzioni economiche nei confronti della Russia. Non sarebbe d’altronde stato carino fare altrimenti, considerato che importanti finanziamenti al Front National, necessari per la campagna elettorale, sono stati forniti da una banca ceca, considerata vicina agli ambienti del Cremlino.

Il sostegno alla candidata frontista si inserisce peraltro in quella che molti osservatori considerano una strategia di lunga durata e di ampio respiro del Presidente russo, nell’ambito della quale andrebbero considerati anche gli interventi favorevoli all’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti, su cui sta tuttora indagando l’FBI, il cui capo è stato però bruscamente licenziato “per incapacità”. In effetti, l’opzione Trump-Le Pen appare a suo modo coerente, in un’ottica leaderistica, populista ed un po’ sbrigativa per quanto attiene ad immigrati, diritti umani e garanzie di libertà.

Per l’Europa, si ha l’impressione che possa perdurare l’obiettivo russo di indebolire gli ostacoli (e tra questi, l’Unione europea) ai propri obiettivi di centralità e protagonismo sulla scena internazionale, avendo il più possibile le mani libere nella propria tradizionale sfera di influenza est-europea e centroasiatica, con una specifica attenzione certamente allo sviluppo della propria industria e dei commerci (rispetto ai quali non sono gradite sanzioni economiche 16 di importanti mercati) e senza subire le noiose reprimende delle istituzioni occidentali riguardo al rispetto dei diritti delle minoranze. Ormai lontano il cosiddetto “spirito di Pratica di mare”, che tante soddisfazioni aveva dato nel 2002 all’allora Presidente del Consiglio Berlusconi a seguito dell’istituzione del consiglio Russia-Nato, che sembrava prefigurare la possibilità di una forte collaborazione internazionale dell’asse Russia-Usa-UE, poi gravemente compromessa dai conflitti in Georgia ed in Ucraina, si assiste oggi ad un nuovo protagonismo russo sulla scena internazionale, nel cui ambito sembra rientrare un’azione diretta ad indebolire l’Unione europea in quanto tale. Costanti infatti appaiono le scelte di campo (in genere non esplicite ma sostanziali) del Cremlino a favore delle forze politiche euroscettiche, in occasione delle recenti consultazioni elettorali nei Paesi della UE, a partire dal referendum sulla Brexit, per passare alle elezioni In Austria, Olanda e Francia.

Forti rimangono i dubbi, ad esempio, sulla provenienza di misteriosi attacchi cibernetici subiti dai computer, oltre che del partito democratico americano, anche dello staff elettorale di Emmanuel Macron alla vigilia delle elezioni: attacchi cibernetici dietro cui vi sarebbero hacker manovrati dalla Russia, secondo quanto dichiarato, fra gli altri, dai responsabili dei servizi americani. Un intervento, quello operato attraverso le reti informatiche, obiettivamente preoccupante per ogni cittadino che ami le proprie libertà e voglia giustamente difenderle, a partire dalla privacy. La possibilità che operatori cibernetici entrino nei computer dei privati, delle organizzazioni democratiche, delle istituzioni, per carpire e modificare dati, è attualmente una delle forme più gravi di interferenza sulla stessa sovranità degli Stati, per cui l’impegno alla difesa da questo tipo di minacce dovrebbe essere uno degli obiettivi prioritari delle società democratiche.

Analogamente, lo strumento dell’informazione, e del suo utilizzo al fine di influenzare l’opinione pubblica, è ormai considerato di importanza fondamentale dalle diplomazie, al punto che l’Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, su richiesta dei Capi di Stato e di Governo dell’Unione europea, ha deciso di costituire un “East StratCom Team” per favorire una migliore comunicazione, in particolare rivolta ai Paesi interessati alle politiche di vicinato dell’Unione europea (Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Georgia, Moldova e Ucraina) ed affrontare l’esigenza di contrastare le campagne di disinformazione provenienti da fonti russe, in particolare attraverso i cosiddetti social media.

Grandi manovre dunque attorno all’espressione del voto del popolo francese, con un tema di rilevanza esiziale per il futuro della Francia e dell’Europa: la scelta a favore o contro lo sviluppo del processo di integrazione europea in un 17 momento fortemente critico, segnato, oltre che dal voto inglese sulla Brexit, dalla preoccupante ascesa delle forze populiste in molti Paesi europei. I risultati delle urne francesi, premiando il candidato che aveva posto l’Europa al centro della sua campagna elettorale, segnano una decisa fermata d’arresto rispetto alle manovre, esplicite o sotterranee, volte ad indebolire l’Unione europea. I festeggiamenti per la vittoria di Macron, iniziati con le note dell’Inno alla gioia e proseguiti con quelle della Marsigliese, segnano, insieme ad un incoraggiante rilancio dell’integrazione, anche una riaffermazione di sovranità per i popoli europei.