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Basta il pensiero, trasformato in  piccolo omaggio floreale, per fare memoria di coloro che sacrificarono la vita nel nobile intento di contribuire al progresso della civiltà.

“..è la nostra vita che può dare un significato e una ragione rasserenatrice e consolante alla loro morte, e dipende da noi farli vivere o farli morire per sempre”.

 

 

Quando si decide di essere utili alla cittadinanza, di mettersi a servizio della comunità, si raggiungono risultati eccellenti. E’ quanto abbiamo visto ieri a Roma, nel XII Municipio della Capitale, ove, per volontà dell’Assessore alla Cultura del Comune Giovanna Marinelli, della Presidente del Municipio XII Cristina Maltese, con l’opera del bravissimo artista della modernità David Diavù Vecchiato, è stata inaugurata l’immagine di Cristina Trivulzio di Belgioioso, “immortalata” sulla Scalea Ugo Bassi, che da Piazza Ippolito Nievo porta a via Dall’Ongaro (Monteverde Vecchio).

Va osservato, per dovere di cronaca, che la scelta di riprodurre l’immagine di Elena Sofia Ricci, interprete del film di Luigi Magni “In nome del Popolo Sovrano”, come icona cinematografica del personaggio “Cristina Trivulzio di Belgioioso”, è stata più simbolica che reale; infatti Magni, nell’impossibilità di conciliare  la storia della nobile milanese con esigenze di copione, ha voluto utilizzare, per la Ricci, nome e cognome di due personaggi storici femminili importanti per Roma: Cristina (per la Belgioioso, eroina del 1849) e Arquati (per Giuditta Tavani Arquati, eroina del 1867). D’altronde, anche se la scelta di Francesca Inaudi, protagonista del film di Mario Martone “Noi credevamo”, in cui l’attrice interpreta proprio Cristina di Belgioioso, sarebbe stata più aderente alla realtà storica del personaggio cinematografico, la centralità nel film di Magni  dell’ambientazione  della vicenda nella Repubblica Romana del 1849, ha probabilmente fatto pendere  la bilancia, che condividiamo,  sull’attrice Elena Sofia Ricci.

Per la prima volta, dopo 166 anni,  il Padre Ugo Bassi e Cristina di Belgioioso si riabbracciano. Questi due grandi protagonisti della Repubblica Romana del 1849, che si erano lasciati dopo aver assistito, entrambi, alla morte di Goffredo Mameli  nell’Ospedale “Trinità dei Pellegrini”,  sono di nuovo insieme per testimoniare la loro fede nell’Italia unita e nella democrazia. Grazie a questa iniziativa, che ha avuto anche il supporto  dell’opera dell’Assessore alle politiche culturali del XII Municipio, Tiziana Capriotti, e di Giada Bazzurri, i cittadini potranno  essere sollecitati, attraverso la visione di questo enorme quadro, ad approfondire la conoscenza di una grande patriota della nostra storia.

Tra il pubblico, i Soci dei “Garibaldini per l’Italia”. Da sinistra a destra:  Monica Simmons, Silvia Mori, Riccardo Conte, Gianni Blumthaler, Alcide Lamensa – Nella foto al centro, la Presidente del Comitato di Quartiere Monteverde Quattro Venti, Licia Perelli (a sinistra) e il Presidente dell’Ass. Garibaldini per l’Italia Paolo Macoratti (a destra)

 

 

 

Una donna, la Belgioioso,  che ebbe il coraggio, utilizzando il proprio  ingente patrimonio, di prodigarsi per elevare le classi più deboli della società di allora – i contadini - attraverso l’istruzione e il miglioramento della qualità della loro vita. Coraggio che le costò forti critiche dall’aristocrazia milanese di cui faceva parte, e anche di illustri letterati, tra cui, in primis, Alessandro Manzoni. Ma Cristina non si stancò mai di perseguire i suoi obiettivi; lo fece anche in Turchia, ove si era rifugiata, passando per la Grecia, dopo la fine della Repubblica Romana: lì fondò una azienda agricola insieme ai fuoriusciti patrioti italiani, non tralasciando di “curare” il benessere dei suoi dipendenti e delle loro famiglie. Ma la Belgioioso, oltre alle imprese della Repubblica Romana (fu coordinatrice degli ospedali e delle ambulanze, e “ideatrice” dell’infermeria femminile) e, in precedenza nel 1848, delle Cinque Giornate di Milano, fu anche imprenditrice, giornalista, scrittrice, fondatrice a Parigi di giornali e di due salotti letterari  Il suo instancabile desiderio di migliorare la condizione umana, così ben espresso nell’attenzione riservata ai contadini, si concretizzò anche nell’aiuto economico dato alla causa dell’indipendenza italiana, a parenti e amici in stato di bisogno, anche con coloro che si erano comportati molto male nei suoi riguardi.

Proclamatasi fervente repubblicana, Lei, fior fiore dell’aristocrazia monarchica, fu lungimirante, come Giuseppe Garibaldi, nel riconoscere al Regno Sabaudo l’unica possibilità di realizzare in tempi brevi l’unità del Paese, pur avendo finanziato uno dei tentativi di Mazzini, purtroppo fallito, di sollevare il Popolo con un atto rivoluzionario. Durante la sua movimentata esistenza non mancò di riconoscere alle donne, con le quali venne a contatto, soprattutto tra le più umili e indifese, il ruolo importante che avevano avuto, mai completamente riconosciuto, nella costruzione dell’unificazione nazionale, e non solo. Ad esse dedicherà un saggio: “Della presente condizione delle donne e del loro avvenire”, che non si rivolgeva certo alla sua condizione privilegiata, ma a quella della maggioranza delle donne di allora, che tanto soffrirono per la loro emancipazione.

Il Presidente Paolo Macoratti , nella sua breve esposizione sulla figura di Cristina di Belgioso, ha voluto citare un brano di quel testo, rivolto a tutte le donne di oggi:

Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai goduta, forse appena sognata felicità”.

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La copia digitale di questo libro pubblicato a Bologna nel 1861, costituisce una preziosa testimonianza; la testimonianza di un uomo che ha cercato con tutte le sue forze la verità, nel Vangelo di Cristo e nell’opera di riscatto dalla schiavitù materiale e spirituale fortemente voluta dai fondatori e difensori della Repubblica Romana del 1849. Ugo Bassi è stato ricordato come “martire” della causa risorgimentale; non troviamo appellativo migliore  di questo per motivare la sua preziosa testimonianta di uomo di fede, qui intesa in senso evangelico e laico allo stesso tempo.

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